Tracce lasciate da Opportunity, il Mars Exploration Rover della Nasa, nel corso della traversata da una posizione energeticamente favorevole, sull'estremità nord di un'increspatura di sabbia, a un'altra. L’immagine è stata catturata dalla sua telecamera di navigazione. (Image credit: NASA/JPL-Caltech.)
Il 20 Maggio scorso Opportunity, il Mars Rover della Nasa, ha battuto il record di operatività sul suolo marziano di 6 anni e 116 giorni, stabilito dal Lander Viking nel 1982.
A concorrere per tale primato resta ancora Spirit, il suo rover gemello, che ha iniziato la sua attività tre settimane prima, ma con il quale si sono interrotte le comunicazioni dal 22 Marzo scorso.
Il problema sembra dovuto a uno scarso irraggiamento solare durante l’autunno nell’emisfero meridionale di Marte, a cui si sono aggiunti problemi di mobilità che hanno impedito di posizionarlo con la giusta inclinazione verso nord, come già sperimentato durante i primi tre inverni.
L’efficienza dei due rovers si è rivelata veramente notevole se si pensa che erano stati progettati per una missione di soli 90 giorni. A meno d’interferenze di polveri, poco probabili nei prossimi mesi, i pannelli solari su entrambi i rovers dovrebbero gradualmente generare più elettricità. Ciò dovrebbe consentire a Spirit di ricaricare le batterie e ripristinare i contatti, proseguendo così nello svolgimento dei suoi compiti scientifici.
La prossima destinazione di Opportunity è ora il cratere Endeavour, distante approssimativamente otto miglia, di cui le telecamere possono già osservare una porzione del bordo all’orizzonte, attraverso le increspature della sabbia portata dal vento.
Dopo aver esaminato per due anni il cratere Victoria, di dimensioni minori, Endeavour è stato scelto per le prossime indagini verso la metà del 2008, dopo che le osservazioni orbitali avevano rilevato minerali argillosi su di esso. L’obiettivo è ora quello di esaminarli direttamente sulla superficie.
“Questi minerali si formano in condizioni umide e più prossime alla neutralità rispetto all’ambiente acido in cui si formano i solfati finora rinvenuti da Opportunity. Ciò porta a pensare che un tempo le condizioni ambientali fossero più favorevoli alla vita, ” dice Squyres. Le scoperte scientifiche dei due rovers hanno già contribuito alla ricerca di prove evidenti della presenza, in passato, di acqua allo stato liquido, di un’attività vulcanica di tipo esplosivo e di primavere più calde.
Un altro record di attività potrebbe essere stabilito entro l’anno da parte di un veicolo spaziale in orbita attorno Marte. Si tratta del Mars Odyssey della NASA, in orbita dal 2001, che potrebbe superare il Mars Global Surveyor, attivo per più di nove anni, dopo il suo arrivo nel 1997.
Grazie a un telescopio della NASA, alcuni scienziati hanno individuato la presenza di acqua, sotto forma di ghiaccio e di composti organici, sull’asteroide Themis, uno dei più grandi corpi rocciosi della Fascia Principale.
La scoperta lascia spazio all’ipotesi che, in tempi remoti, alcuni di loro, insieme alle comete, potrebbero aver trasportato sulla terra tali molecole, indispensabili per lo sviluppo della vita. La ricerca, pubblicata su Nature, è il frutto di sei anni di osservazioni, condotte da Andrew Rivkin e Joshua Emery. L’analisi dei dati registrati rivela un’evidente firma spettrale di acqua e composti del carbonio ed è stata confermata anche dalle ricerche condotte, in maniera indipendente, dal team diretto da Umberto Campins dell’University of Central Florida.
I risultati sono sorprendenti poiché finora si è ritenuto che Themis, orbitando attorno alla nostra stella a “soli” 479 milioni di chilometri, fosse troppo vicino all’intensa sorgente di calore del Sole per presentare tracce di ghiaccio. L’ipotesi è che questo sia rimasto intrappolato al suo interno fin dai tempi dell’origine del sistema solare, 4.6 miliardi di anni fa.
La ricerca potrebbe contribuire, in modo significativo, a riformulare le teorie sulla formazione del sistema solare e sulla natura degli asteroidi. Si fa avanti, inoltre, la prospettiva che in futuro questi ultimi potrebbero costituire stazioni di rifornimento e di approvvigionamento di acqua nel corso di esplorazioni interplanetarie.
Gli asteroidi e le comete continuano a essere oggetto di studio della NASA che li rileva, localizza e caratterizza, usando sia telescopi terrestri sia spaziali, nell’ambito di un programma di osservazione denominato comunemente “Spaceguard”. Il suo obiettivo è il tracciamento delle orbite dei corpi che potrebbero avvicinarsi pericolosamente al nostro pianeta.
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